Da quando ho dato alla luce i seminari per Madri e Figlie sul corpo femminile, nel lontano marzo del 2008, nuove correnti Femminili e Ostetriche hanno contribuito con forza, sapienza e competenza ad una nuova battaglia per liberare il ciclo mestruale e la mestruazione dalle subdole oscurità della modernità: donne, ragazze, ostetriche di nuovo vicine per Noi e il nostro corpo!
Tuttavia, in tutto questo fervido pullulare di attivismo mestruale, coppette e coppettine, parties per il menarca, calendari lunari, libri e libercoli ad uso di fanciulle e nuovi misticismi mitologici, si rischia di perdere di vista le Piccole e Giovani Donne che si avventurano verso il loro primo sangue oggi, nelle giungle urbane dei nostri tempi.
Amoreggiare, nascere, morire, mestruare, sono tutti eventi biosociali marcatori dell’esistenza individuale ma caratterizzati da una relazione in permanente trasformazione fra natura e cultura.
Serve dunque mettersi un attimo da parte e provare ad entrare nelle loro minuscole, vivaci ma faticose e complesse vite.
Seguire i loro passetti nel turbinio delle ore scolastiche e star loro vicine, aperte e attente, mettersi nelle loro scarpe, zainetti, cuffie e immaginare come scorrono le loro giornate partendo dalla consapevolezza del lascito consegnato dalle madri e dal loro tempo.
Perchè queste fanciulle sono prima di tutto figlie di una nuova era dell’igienismo, dell’ossessione per il naso pulito, per i buchi asciutti e i detergenti intimi
Sono figlie dei bambini a trauma zero iperprotette dalla tachipirina preventiva
Sono le figlie dell’epidurale e dell’inutilità del dolore del nascere
Sono le figlie delle pance piatte e dell’ansia di tornare presto come prima del parto
Sono le figlie di una nuova femminilità in leggins e pantaloni
Sono figlie dei bikini in fasce, bamboline erotizzate senza richiesta di consenso
Sono le figlie della vulva pelata, della vulva igienica
Sono figlie uniche di madri al limitare della stagione procreativa
Spesso sono poi davvero Piccole Donne quando il primo sangue fa capolino: questioni ambientali (inquinamento luminoso in primis) e può essere culturali, o forse la natura che anticipa i tempi bisognosa di far sopravvivere la specie, stanno precocizzando l’arrivo a questa soglia sorprendendole mentre giocano con le bambole o stanno fra i maschi a tirar calci al pallone.
Sempre più spesso il corpo arriva prima della mente e del cuore: al contrario della gioia della ragazzina grandicella che si avvicina finalmente alle sue simili, la bambina o la ragabimba possono essere confuse, vivendo uno spaesamento, un’incoerenza che le confonde e le stordisce, le spaventa.
E quanto capita frequentemente che questo precipitarsi del femminile esordisca col primo sangue quando non sono state messe ancora in fila delle parole per tempo?
A quanti bambini maschi e ragazzini viene spiegato per bene cosa siano il ciclo mestruale e le mestruazioni e cosa significhi rispettarli anche se non li riguardano direttamente?
Nel mentre, in sottofondo, un mondo ipersessualizzante insegue le bambine e i loro compagni invitandoli ad entrare nella giostra performante di una seduttività precoce con nuove tecnologie che diventano un irresistibile trampolino di lancio per scavalcare tempo, tappe e confini dell’intimità.
Ma adesso facciamoci piccole e entriamo a scuola con loro, con gli occhi ancora stropicciati dal sonno, magari senza aver fatto colazione e con uno zaino pesantissimo.
Le aspettano tra le 5 e le 9 ore di scuola, sedute tutto il giorno su seggiole uguali per tutti nel corso degli anni: non basta alzare le spalle e drizzare la schiena che col tempo, dolendo, si incurverà e si accartoccerà, insieme al respiro.
Finalmente nei 10/15 minuti di ricreazione è concesso andare in bagno: a tutta la scuola! L’unica grande differenza di genere, mai contemplata dai costruttori di scuole, è che per le femmine è un pochino più complicato.
Sono ancora una triste minoranza le realtà in cui è permesso l’accesso ai bagni al bisogno o perlomeno nei cambi d’ora, con l’aggravante del divieto per i bambini e i ragazzini di girare per i corridoi se non sono sorvegliati.
E poi…e poi…
…i bagni non si chiudono, sono sporchi, hanno la turca (arduo orientare il getto della pipì con ancora pochi peli sulla vulva), sono rotti, sono pochissimi, nella ricreazione i bidelli (incredibile ma vero) li puliscono e non si possono usare, spessissimo non ci sono i cestini e, per finire il quadro tragicocomico: “Una bidella ci ha detto che adesso mette una videocamera in bagno per vedere chi lo sporca!” e, ahimè, è il tempo in cui agli adulti si crede ancora…
Insomma tocca andare in bagno con un’amica scegliendo in quella manciata di minuti se fare la pausa o fare la pipì (cacca per nulla contemplata).
Ma lo sveglio popolo delle fanciulle, per ogni dove, ha trovato una soluzione geniale: basta non bere!
Oppure tenere tutto stretto per bene fino a casa, tenere bene la pancia per la paura di farsela addosso e tenere ancora di più per paura di macchiarsi di sangue!
Il resto son tutte facili deduzioni sulle quali famiglie e istituzioni dovrebbero interrogarsi per rovesciare le scuole e decidersi a stare dalla parte del corpo.
In effetti sono decollati nuovi progetti: “A scuola senza zaino” a Torino e “Smuoviamo la scuola” a Milano e chissà, si spera, quanti altri ancora.
Sono dunque le domande, la prima cura per tanti evitabili mal di pancia.
Prima di aprire il sipario teniamo a mente che questa loro età è quella del viaggio verso la ricerca della nuova appartenenza al gruppo di pari le cui leggi sono spesso spietate: lo sguardo degli altri diventa passaggio obbligato per ri..conoscersi, uscire dalla norma è un rischio e la paura di essere prese in giro è una minaccia costante che trova conferme nella realtà.
“E se mi sporco e mi prendono in giro?”
“E se rovistano nella cartella e vedono assorbenti e mi prendono in giro?”
“Una mia amica è stata ripresa col telefono mentre si cambiava l’assorbente!”
“E se si vede che ho l’assorbente e mi prendono in giro?”
“Non ci sono i cestini! Dove lo buttiamo l’assorbente?”
“E se devo cambiarmi ma la maestra/prof non mi fa andare in bagno?”
“E se mi arrivano e mi macchio e poi mi prendono in giro?”
“E se mi arrivano e non mi fanno andare a casa?”
“Quando mi cambio poi devo sempre portare l’assorbente in classe e spero che non mi vedono..”
“Se mi chiede perchè devo proprio andare in bagno adesso, io mi vergogno a spiegare davanti a tutti”
Certo, qualcosa che non conosciamo fa sempre paura e gli inizi sono sempre un pasticcio col corpo che deve imparare ad ascoltarsi laggiù per capire quando serve cambiarsi l’assorbente, ma superata la prova coraggio del menarca, rimane comunque una quotidianità che non è a misura di piccole e giovani donne.
Molto si semplifica alle superiori dove, considerate forse giovani adulte più credibili, il corpo femminile si fa largo con più rispetto.
Ho raccolto tantissime testimonianze e ho ammirato gruppi di insegnanti che hanno deciso di riservare il loro bagno personale alle fanciulle mestruate garantendogli il privilegio di un agio meritato.
Anche i genitori, accordandosi con gli insegnanti, potrebbero creare alleanze con loro per sostenere le figlie in questo nuovo paradosso fra ideali e realtà: “E’ bello e normale vivere la mestruazione, non è una malattia, puoi fare quello che vuoi, ti insegna tante cose di te, è un dono del femminile, è un potere, ti fa sentire parte della ciclicità del cosmo, devi andarne fiera!”
“No, grazie”, vien proprio da dire, “Non mi interessa, non voglio proprio diventare grande!”
Un giorno una piccola donna in confidenza mi chiede:
“Ma sono una donna anche se non voglio mettermi l’assorbente?”
– Eccome! Eppoi dai, gli assorbenti all’inizio sono una vera scocciatura, ma vedrai che poi ti piacerà – e lei ride riconoscente, e torna a giocare.
Senza inseguirle coi calendari, lasciamole vivere il caos degli inizi, necessario attraversamento verso l’adattamento, la mentalizzazione e la scoperta del senso e della bellezza della musicalità del ritmo mestruale per trovare il quale ci può volere qualche anno.
E’ un entrarci piano piano che il corpo consente e richiede, come per l’uscirne.
E’ un tempo di prove tecniche, di ricerca di accordi, stonature, difficili equilibrismi fra voglia e paura di crescere, fra forze opposte: il corpo diventa un campo di battaglia e la non voglia di averne cura ne è una prova.
Bisogna guardarle senza farsi vedere, tenerle per mano su quella terra creativa e impervia dello scompiglio del farsi grandi, lasciare che si chiudano porte rimanendo a portata ridacchiando fra se e sé, ma prendendole sul serio e avvicinandole con la leggerezza di una tenera e amorevole ironia quando ci vuole.
Dal passaggio del primo sangue, troppo muto o troppo festoso, all’ascolto di dove sono loro momento per momento, dei loro tempi e bisogni.
Bello, tornare indietro a recuperare una ritualità necessaria, potente, che faccia sentire alla piccola donna che sta scavalcando un tempo della sua vita ma è da fare con molto garbo, riservatezza e in connessione con la sua unicità e la sua età anagrafica, dandosi e dandole tempo.
Lanciamo sì per ogni dove messaggi e dichiarazioni a gran voce: “Dimmi te se ci si deve vergognare di avere le mestruazioni?!” senza tuttavia pretendere che questo le renda immediatamente in grado di difendersi dall’invadenza di un mondo che si ostina nel controllo della natura femminile, e la medicalizzazione della gravidanza e della nascita lo confermano tutti i giorni.
Teniamo viva la loro selvatichezza e insegniamole ad ascoltare le guerriere voci interiori!
Un giorno, in una quinta elementare, sollevo la questione:
– Ma vi pare giusto che nelle scuole ci siano così pochi bagni?! Come possiamo fare?! –
“Facciamo una manifestazione!”
– Fantastico! –
Le Piccole Donne di oggi sanno essere grandissime!
E, a parte essere bene di lusso, questi assorbenti invisibili, sempre più sottili eppure superassorbenti, di cosa ci parlano? Di chi ci parlano? Cosa nascondono?
In senso chimico ci sarebbero molte domande da porsi, in senso metaforico insistono forse sul bisogno di non farsi vedere, di non farlo sapere, di voler essere libere in quei giorni come negli altri, sempre le stesse: non si deve sentire, sapere, vedere, far vedere, cambiare, mai!
Dalla pubblicità degli assorbenti per buttarsi giù col paracadute a quella della maratona nel deserto!
Guardo come sono cambiati gli scaffali degli assorbenti nei grandi magazzini e nelle farmacie: gli assorbenti occupano sempre meno posto perchè sono sempre più ripiegati.
Gli stesi, detti anche anatomici, creano imbarazzo, somigliano a quelli per incontinenti, per chi se la fa addosso, bleah..!
Ma ad essere di nuovo e diversamente ripiegate, non sono ancora le donne?!
Il mercato ci è entrato fin nelle mutande: buttiamolo fuori partendo da lì!
Evviva qualsiasi assorbente sia comodo e salutare, evviva le coppette, evviva il free bleeding, gli assorbenti lavabili, gli assorbenti interni, quelli ecologici e quelli sbiancati ma prima di tutto evviva la consapevolezza, il sapere e il potere di scegliere!
A che serve inneggiare al privilegio della ciclicità se nel viverlo siamo ancora prigioniere?
A che serve far la festa al primo sangue se continuiamo a non nominare la mestruazione chiamandola ciclo che è come dire che l’inverno sono le stagioni?
Ricominciamo tutte insieme: il Quinto Stato del popolo delle Madri, Figlie, Donne e Ostetriche!
Rimettiamo in fila parole, azioni, manifestazioni, assorbenti e coppette, proteste e ribellioni e sosteniamo il femminile che cambierà il mondo ripartendo da loro, scendiamo un attimo dalle nostre ideologie, rifacciamoci piccole da grandi e guardiamo il principiarsi del sangue dal basso.